Economia

Assemblea Ucimu, 2023 positivo e 2024 in leggero calo

In chiaroscuro il quadro industriale, Barbara Colombo conclude il suo mandato, Riccardo Rosa presidente designato per il biennio 2024-2025.

In chiaroscuro il quadro industriale illustrato dalla presidente Barbara Colombo di Ucimu – Sistemi per Produrre,  in occasione all’Assemblea dei soci nella sede di Cinisello Balsamo (MI) il 10 luglio 2024, a cui è intervenuto anche il neo presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, intervistato da Simone Spetia di Radio 24.

Nella stessa occasione, Barbara Colombo ha concluso il suo mandato: presidente designato per il biennio 2024-2025 è Riccardo Rosa della Rosa Ermando SpA di Rescaldina (MI).

Il quadro industriale italiano in estrema sintesi

Il 2023 si è confermato anno favorevole per l’industria italiana costruttrice di macchine utensili, robot e automazione. Il nuovo record di produzione è stato però determinato esclusivamente dall’ottimo andamento delle esportazioni; in calo la domanda interna.

Con questi risultati, l’industria italiana di settore si è confermata, ancora una volta, tra i principali protagonisti dello scenario internazionale ove è risultata quinta nella classifica mondiale di produzione e quarta in quella di export e consumo.

Le previsioni per il 2024 sono di calo moderato della produzione: al trend positivo dell’export si contrappone la riduzione delle consegne sul mercato interno che risentono della debolezza della domanda domestica. D’altra parte, il rallentamento della raccolta ordini nella prima parte dell’anno è frutto dell’incertezza del contesto sia in Italia che all’estero.

I consuntivi 2023

Secondo i dati di consuntivo elaborati dal Centro Studi & Cultura di Impresa di Ucimu, nel 2023 la produzione italiana di macchine utensili, robot e automazione ha segnato un nuovo record, attestandosi a 7615 milioni di euro con un +4,6% rispetto al 2022. Il risultato è stato determinato esclusivamente dall’ottimo riscontro raccolto sul mercato estero: le esportazioni hanno raggiunto il valore record di 4223 milioni di euro, pari al +21,8% rispetto al 2022.

Il consumo è calato del 7,8% a 5816 milioni, penalizzando le consegne dei costruttori italiani scese dell’11% a 3392 milioni di euro e le importazioni in calo del –3% fino a 2425 milioni di euro.

Il rapporto export su produzione è tornato a crescere, passando dal 47,6% del 2022 al 55,5% del 2023.

Durante l’anno 2023 i principali mercati di sbocco dell’offerta italiana sono risultati Stati Uniti (567 milioni, +17,5%), Germania (359 milioni, +17,2%), Cina (286 milioni, +26,6%), Francia (247 milioni, +28,2%), Polonia (215 milioni, +14,5%), Turchia (211 milioni, +70,9%), Messico (195 milioni, +133,1%), Spagna (130 milioni, +9,4%), India (117 milioni, +77%), Regno Unito (85 milioni, +44,1%).

Ancora elevato il livello di utilizzo della capacità produttiva, la cui media annua è di poco diminuita, passando dall’86,6% del 2022 all’86,2% del 2023. In lieve calo anche il carnet ordini, attestatosi a 7,3 mesi di produzione assicurata contro gli 8 dell’anno precedente.

Il fatturato di settore ha raggiunto la cifra di 11.012 milioni di euro.

Le previsioni per il 2024

Come emerge dalle previsioni elaborate dal Centro Studi & Cultura di Impresa di Ucimu, il 2024 segnerà un leggero arretramento dell’industria italiana costruttrice di macchine utensili, robot, e automazione il cui andamento si manterrà comunque su livelli mediamente alti. Al calo moderato registrato da tutti i principali indicatori economici si contrappone la crescita dell’export che segnerà un nuovo record.

La produzione si attesterà a 7450 milioni di euro (–2,2%). Le esportazioni, attese ancora in crescita (+3%), raggiungeranno il nuovo record di 4350 milioni di euro.

A soffrire di più saranno le consegne sul mercato interno (–8,6%) che si fermeranno a 3100 milioni, penalizzate dalla riduzione del consumo domestico che scenderà (–7,1%) a 5405 milioni. Anche le importazioni registreranno un calo, fermandosi a 2305 milioni di euro (–4,9%).

La raccolta ordini dei costruttori italiani nel primo semestre segna invece il passo. Nei primi 6 mesi del 2024 l’indice Ucimu ha registrato un arretramento del –17,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con un –18,7% gli ordini interni e –16,2% gli ordini esteri. A determinare questo risultato poco brillante sono soprattutto le condizioni generali di instabilità in Italia e nel mondo.

Occorrono proposte di politica industriale

La presidente Colombo ha affermato: «Dopo un biennio davvero strepitoso, segnato da una crescita a doppia cifra per tutti i principali indicatori economici, il 2023 si è confermato anno favorevole per l’industria italiana di settore che ha messo a segno un nuovo record di produzione. Il risultato positivo è stato però determinato esclusivamente dall’ottimo andamento delle esportazioni che hanno registrato una vera e propria impennata».

Questo exploit ha dimostrato ancora una volta «la flessibilità delle imprese italiane capaci di riorientare rapidamente la propria attività verso i mercati più dinamici. Ma al tempo stesso, mette in evidenza la chiara debolezza del mercato italiano che, già a fine 2022, aveva cominciato a scricchiolare».

D’altra parte, ha proseguito Colombo, «l’andamento della raccolta ordini di questi primi sei mesi conferma la debolezza della domanda che, sia in Italia che all’estero, subisce l’instabilità del contesto. Per il mercato interno, se questo rallentamento può essere considerato in parte fisiologico, vista l’eccezionale espansione del biennio appena passato, è altrettanto vero che, sul risultato, ha pesato l’incertezza intorno a Transizione 5.0».

L’attesa prolungata dell’operatività del provvedimento e la mancanza dei decreti attuativi hanno creato un doppio effetto negativo: «Da un lato, hanno determinato la sospensione delle decisioni di acquisto da parte degli utilizzatori, in attesa che il provvedimento fosse chiaro. Dall’altro hanno, almeno in parte, oscurato la disponibilità del provvedimento 4.0 che è tuttora in vigore ma che, per molti operatori, è “finito nel dimenticatoio”».

Con l’entrata in funzione di Transizione 5.0, che si spera arrivi al più presto, «le imprese manifatturiere italiane avranno l’opportunità di scegliere se operare con uno o con l’altro provvedimento, ben consapevoli che il 5.0 unisce digitale e risparmio energetico mentre il 4.0 continua a insistere esclusivamente sul digitale. E sarà a disposizione un bel plafond di risorse. Si tratta di circa 13 miliardi totali: 6,4 miliardi sono quelli stimati per il 4.0; mentre 6,3 miliardi sono le risorse certe per il 5.0 dal fondo Repower EU».

Il punto è che «se non sarà operativa nell’immediato, Transizione 5.0 rischia di veder svanita una parte consistente dei benefici che ha sulla carta. I tempi così compressi tra la disponibilità della misura e il termine di consegna e interconnessione del macchinario (fissato a dicembre 2025), mettono in difficoltà i costruttori italiani che, specializzati nel prodotto super personalizzato, hanno tempi di produzione di circa 6-8 mesi».

«Anche in considerazione della promessa fatta dal governo – ha concluso la presidente Ucimu – di operare a supporto del Made in Italy, crediamo che queste lungaggini siano un vero autogol perché, di fatto, rischiano di favorire prima di tutto gli importatori che dispongono di ampi magazzini. Per tale ragione ritengo che, una volta operativa Transizione 5.0, Confindustria debba intervenire immediatamente presso le autorità affinché si consideri l’allungamento al 2026 della possibilità di utilizzo dei fondi stanziati dall’Europa per tale misura».