Il presidente di UCIMU-Sistemi per produrre illustra le sue strategie per incrementare la competitività dell’industria italiana delle macchine utensili
Il presidente di UCIMU-Sistemi per produrre illustra le sue strategie per incrementare la competitività dell’industria italiana delle macchine utensili
Abbiamo incontrato Massimo Carboniero, presidente di UCIMU-Sistemi per produrre e direttore generale e contitolare di OMERA, azienda nel settore della produzione di macchine utensili lavoranti con tecnologia a deformazione della lamiera. Con Carboniero abbiamo discusso le priorità del suo mandato alla guida dell’associazione dei costruttori di macchine utensili italiane, ma anche commentato la fase industriale in corso.
Quali sono le priorità del suo mandato e che ruolo immagina per Ucimu – Sistemi per Produrre nei prossimi anni?
Prendo in mano un’associazione autorevole, ben organizzata e ben riconosciuta sia a livello nazionale che internazionale. Questo risultato è frutto del lavoro dei miei predecessori e anche della struttura associativa che ha dimostrato di sapersi muovere molto bene. Partiamo da questi risultati positivi per aggiungere qualche novità: un’evoluzione nella continuità quindi.
Fondamentale è trasmettere questo messaggio: Ucimu – Sistemi per Produrre mette al centro del suo operato la soddisfazione dell’associato con l’unico fine di dare un contributo, spero il più importante possibile, alla competitività delle nostre aziende. Intendiamo quindi lavorare su alcune tematiche fondamentali per le imprese: innovazione, internazionalizzazione, formazione, rapporto scuola-impresa e rapporto con il credito e le banche, e naturalmente, essere da stimolo alla politica industriale italiana per il bene del nostro settore.
Durante la mia presidenza mi dedicherò a ciascuno di questi macro-temi prendendo ciò che di buono fa già Ucimu – Sistemi per Produrre, che è molto. A questo aggiungerò piccole novità. In particolare, il mio primo obiettivo è quello di migliorare i rapporti con gli associati portando sempre più aziende a frequentare l’associazione. Per questo motivo metteremo in atto azioni per favorire chi, pur essendo socio, frequenta poco l’associazione per motivi di distanza o tempo. Per esempio, a partire dai prossimi consigli direttivi, inviteremo un socio in rappresentanza di ciascuna di quelle aree del paese non rappresentate in consiglio. L’obiettivo è trasmettere idee, strategie e modo di lavorare del board a ciascuno degli ospiti in modo che divenga ambasciatore dell’associazione nel territorio di appartenenza. Vogliamo sempre più avvicinare l’associazione ai propri associati, aprire le porte e attivare tutti i membri in modo che possano essere, loro stessi, promotori di Ucimu anche presso colleghi alla guida di imprese non ancora associate. Credo che se “spingiamo” sulla comunicazione dei servizi e delle attività svolte da UCIMU, potremo rafforzare la base associativa, incrementando ulteriormente il numero di imprese che ne fanno parte.
Quali iniziative potrebbe mettere in campo invece il Governo per facilitare la crescita dell’industria italiana delle macchine utensili?
Ucimu-Sistemi per Produrre si è sempre mossa in modo concreto affinché la politica industriale del governo toccasse in modo importante la metalmeccanica e il comparto delle macchine utensili. Ne è esempio il Superammortamento che, da quando è entrato in vigore, ha incentivato molte aziende a investire in tecnologie produttive evolute. Questa dinamica porta benefici non solo al costruttore di macchine utensili, ma anche per all’utilizzatore che paga meno un investimento tecnologico. Ma ciò che più conta è che con questo provvedimento si incentiva l’ammodernamento dei sistemi di produzione e dunque si sostiene la competitività dell’industria manifatturiera italiana. Per questo UCIMU sta lavorando intensamente affinché la misura sia estesa a tutto il 2017, come già è accaduto in Francia.
Tante imprese costruttrici di macchine utensili realizzano fette importanti del loro fatturato all’estero, altre invece non hanno ancora iniziato questo percorso a volte perché si ritengono troppe piccole per riuscire a penetrare su altri mercati. Quello delle dimensioni aziendali secondo lei è un tema rilevante per riuscire a esportare?
Il problema dimensionale è molto importante per le aziende che vogliono competere sul mercato internazionale. Fino a 10 anni fa, infatti, si diceva “piccolo è bello” ed era la forza di tante imprese italiane, purtroppo però oggi questa affermazione non è più valida. In questa fase, se un’azienda vuoi competere nel mercato globale deve garantire ai propri clienti non solo un prodotto di qualità ma anche un’assistenza reattiva con personale professionalmente molto preparato. Un’azienda di piccole dimensione farà però molta fatica a seguire commercialmente mercati lontani e, al contempo, innovare la propria produzione , assicurando un’assistenza in 48 ore in tutto il mondo. Serve quindi una crescita delle aziende italiane: le piccole devono diventare medie e le medie grandi. Per le aziende che invece rimangono piccole, due i modelli evolutivi possibili: il primo è diventare parte della filiera di qualche grande azienda globale; l’altra opzione possibile è invece quella di unirsi fra piccole aziende complementari per prodotto diventando così grandi abbastanza per affrontare il mercato globale.
Molti analisti individuano l’Iran come grande opportunità per le aziende italiane. Lei che ne pensa?
È certamente un’opportunità per le nostre aziende: ci troviamo infatti davanti ad un paese ricchissimo dal punto di vista delle materie prime, che può investire tanto e ha bisogno di una rivoluzione industriale positiva. Oggi l’Iran sta riprendendo contatti con gli Stati Uniti, con cui ha avuto un passato piuttosto burrascoso, e con l’Europa, con cui invece i rapporti sono sempre stati buoni. L’Italia, in particolare, considerata la cultura dell’ascolto e la grande flessibilità dell’offerta capace di plasmarsi sulle esigenze del cliente, risulta certamente avvantaggiata nei rapporti con Teheran. Ora occorre cogliere le opportunità offerte da un paese che si trova in una fase di nuovo sviluppo.
Quest’anno Ucimu – Sistemi per Produrre ha presentato i risultati dell’indagine sul parco macchine utensili e sistemi di produzione dell’industria italiana. Il quadro che ne emerge è preoccupante: come si può fare per invertire questa tendenza e rendere più competitivo il parco macchine installato?
Nel 2014 l’età media del parco macchine installato è risultata di 12 anni 8 mesi contro i 10 anni 5 mesi del 2005. Per contrastare questa tendenza all’invecchiamento occorre favorire la domanda. I dati ci dicono che è tornata la disponibilità ad investire in tecnologia avanzata di produzione anche in Italia, ora quelle misure che hanno sostenuto il riavvio del consumo non possono certo venire meno. Bisogna motivare le aziende a aggiornare i macchinari, in particolare quelli costruiti prima del 1996 che, seppur validi, non sempre rispondono alle norme di sicurezza e impatto ambientale previsti oggi. Dunque ancora una volta oltre a Superammortamento penso alla Nuova Sabatini.
Oggi si parla molto di Industry 4.0 o Fabbrica Intelligente. Quali vantaggi possono derivare per il nostro sistema industriale?
Bisogna tenere presente che le aziende italiane non partono da zero in questo ambito, anzi già da anni si lavora nel digitale, nell’uso di sensori e in progetti di manutenzione preventiva e in remoto. Il 4.0 però è un enorme contenitore all’interno del quale occorre individuare ciò che è utile alla macchina utensile italiana. Sono convinto che si debba quindi realizzare “un abito su misura” per il nostro settore cucito sulla dimensione e sulle caratteristiche delle nostre aziende, evitando quindi parole d’ordine generiche. La sfida è quella di digitalizzare e sensorizzare la macchina utensile trasformandola in uno strumento di comunicazione e interpretazione dei dati. Un esempio di questo può essere l’assistenza in remoto tramite cloud ma anche lo sviluppo di sistemi di realtà aumentata attraverso cui l’operatore viene guidato nell’intervento di riparazione della macchina utensile da un tecnico che si trova a migliaia di chilometri di distanza. Un altro esempio può essere il monitoraggio e la manutenzione preventiva con l’analisi dei dati e la gestione degli stessi in tempo reale. Come costruttori di macchine utensili dobbiamo realizzare anche nei nostri prodotti le condizioni per rendere concreto questo scenario.
Negli anni lei ha dato molto al mondo associativo, partecipando attivamente e con impegno. Quale motivazione l’ha spinta?
L’inizio della mia partecipazione al mondo di UCIMU risale a ben 31 anni fa quando, nel 1985, per realizzare la mia tesi di laurea in economia aziendale sul settore delle presse, ho cominciato a frequentare l’associazione. Allora ero un giovane laureando in giacca e cravatta a cui i responsabili dell’area marketing dedicavano un po’ di tempo. Inoltre Omera, la mia azienda, è socia UCIMU da ben 60 anni e abbiamo sempre frequentato molto l’associazione. In UCIMU ho svolto un lungo percorso: da 12 anni sono nel consiglio direttivo (8 come vicepresidente) e ho fatto esperienze importanti, anche operative come coordinatore del comitato marchio UCIMU, del comitato Deformazione e del Gruppo Marketing strategico. Ecco, direi che dietro la mia presidenza c’è una storia di grande amore e rispetto per l’associazione e intendo, con il mio impegno e la mia passione, dare un contributo ancora più importante.
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