I corsi post-diploma ITS e IFTS rappresentano un modo concreto per creare quel personale con competenze tecnologiche specialistiche di cui la manifattura italiana ha così bisogno oggi.
Alta disoccupazione, soprattutto giovanile, abbinata a difficoltà da parte delle aziende di trovare personale con le caratteristiche e le competenze richieste. È la fotografia da anni dell’Italia, lo dimostra anche il recente studio di Unioncamere secondo cui delle 729.000 richieste di impiego che emergeranno fino febbraio 2021 ben il 33% (240 mila persone) non si concretizzerà per mancanza di candidati idonei. È un dato grave, frutto di una combinazione di fattori come le caratteristiche del mercato del lavoro italiano e gli scarsi investimenti in politiche attive per il lavoro deli ultimi decenni. Se guardiamo però al comparto industriale, e più nel dettaglio quello meccanico, è evidente che l’Italia sconti una grave mancanza rispetto ai suoi principali competitor, primo fra tutti la Germania: stiamo parlando della formazione specializzata tecnica post diploma, cioè gli Istituti tecnici superiori (ITS) e i percorsi IFTS ovvero di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore.
Istituti tecnici superiori (ITS), i numeri in Italia
Per dare qualche cifra gli (Its) sfornano ogni anno meno di 4000 diplomati, mentre le imprese ne assorbirebbero almeno 20.000; gli iscritti ai corrispettivi degli ITS in Germania sono 800mila contro i 10mila studenti italiani che scelgono questo percorso. Ci sono però segnali positivi, come dimostra la grande attenzione che sta dando al tema l’Istituto di Sistemi e Tecnologie Industriali Intelligenti per il Manifatturiero Avanzato (STIIMA CNR), come conferma il suo direttore Lorenzo Molinari Tosatti. “Siamo impegnati sugli ITS e IFTS – spiega i direttore di STIIMA CNR – perché, oltre a formare risorse che un domani possano diventare spina dorsale della ricerca e sviluppo delle aziende, tramite lo strumento del dottorato industriale, riteniamo sia possibile contribuire alla formazione anche di chi lavora sul campo in un contesto produttivo. Essere coinvolti in entrambe le attività di formazione ci consente di interagire con maggiore efficacia con le aziende e può aiutare a far sì che all’interno delle aziende si riduca lo scollamento tra la ricerca – talvolta solo del finanziamento – e la produzione. Il linguaggio deve essere comune o, quantomeno, comune deve essere la capacità di comprensione dei problemi e delle possibili soluzioni. Attraverso gli ITS si può inoltre intercettare quelle realtà aziendali piccole e piccolissime che non hanno al loro interno veri e propri reparti di ricerca e sviluppo ma producono costantemente innovazione. Per far crescere queste realtà servirebbero infrastrutture condivise in cui le attività di ricerca, formazione e produzione coesistono”.
ITS e IFTS, un’alternativa concreta all’università
È importante infatti sottolineare come ITS e IFTS rappresentino un’alternativa rispetto ai percorsi universitari o alla scelta di inserirsi nel modo del lavoro subito dopo il diploma. In particolare gli ITS sono scuole ad Alta Specializzazione Professionale nate per rispondere alla domanda delle imprese di nuove ed elevate competenze tecniche e tecnologiche in aree strategiche per lo sviluppo economico e la competitività in Italia, sono scuole di alta tecnologia strettamente legate al sistema produttivo e preparano i quadri intermedi specializzati che nelle aziende possono aiutare a governare e sfruttare il potenziale delle soluzioni di Impresa 4.0. “Gli allievi in uscita dai corsi ITS – spiega Elisabetta Oliveri, ricercatrice presso Istituto STIIMA CNR – hanno competenze tecniche specialistiche ma possiedono anche soft skills, sanno lavorare in gruppo, affrontare e risolvere problemi. La maggior parte dei docenti (più del 50%) proviene dal mondo del lavoro, parla un linguaggio tecnico e cala le proprie lezioni in un contesto aziendale. I ragazzi non sono considerati dai docenti come studenti ma come futuri lavoratori. Le figure professionali sono progettate per competenze e non per materie, rispecchiano le esigenze del mondo del lavoro, perché sono basate su una reale analisi dei fabbisogni lavorativi delle aziende e tengono conto dell’evoluzione tecnologica del settore. L’elevata percentuale di occupazione è la dimostrazione più concreta dell’efficacia di questo tipo di formazione. I corsi ITS hanno un costo non elevato, un’alta percentuale di occupazione e danno la possibilità di fare uno stage presso un’azienda, sono molto adatti a quei ragazzi che non hanno voglia di frequentare l’università perché la ritengono troppo impegnativa ma al tempo stesso pensano che sia meglio studiare ancora un po’ prima di andare a lavorare. Offrono un’opportunità anche a chi vorrebbe continuare a studiare, ma ha problemi economici oppure a quei ragazzi che abbandonano gli studi universitari perché non si ritengono capaci, avendo avuto degli insuccessi con i primi esami. A tutti questi ragazzi l’ITS consente di acquisire non solo delle competenze specialistiche, ma anche di migliorare la fiducia in sé stessi e di essere quindi più strutturati e preparati per affrontare il lavoro. Il vero problema dei corsi ITS è promuoverli e fare capire la loro importanza ai ragazzi e alle loro famiglie; sono corsi poco conosciuti persino dalle scuole di istruzione secondaria superiore”.
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