Ucimu nell’emergenza Coronavirus è in prima fila nel sostenere le imprese associate e il comparto della macchina utensile italiana in tutto il suo complesso.
Dalla viva voce di Massimo Carboniero le valutazioni sulla situazione, le implicazioni economiche e le iniziative dell’associazione.
di Ezio Zibetti e Flavio della Muzia
Connessioni in remoto, Industria 4.0 e collaudi on-line, tutti strumenti quanto mai indispensabili, oggi, per portare avanti la produzione di migliaia d’imprese in una situazione di criticità indotta dall’emergenza sanitaria del Covid-19, che sta mettendo in difficoltà il tessuto imprenditoriale italiano ed anche quello della macchina utensile. L’Ucimu è in prima fila per sostenere le imprese associate e il settore nel suo complesso.
Oltre a tutti i gravi problemi legati all’emergenza sanitaria ed umanitaria cui il nostro paese deve far fronte in questo difficile periodo storico, dove il propagarsi del coronavirus Covid-19 sta creando una situazione di paura e d’incertezza che non ha precedenti nella storia della Repubblica Italiana, il comparto manifatturiero industriale nazionale deve affrontare un’altra emergenza: quella della sopravvivenza delle aziende.
Le imprese del settore, da sempre orientate all’export, non possono consegnare le macchine e i sistemi all’estero ma vedono via via ridursi anche i contatti con i clienti italiani con conseguente riduzione della liquidità e assottigliamento del portafoglio ordini. E nonostante ciò devono sostenere la quotidiana gestione finanziaria della società tra stipendi, costi fissi e adempimenti fiscali. Abbiamo chiesto a Massimo Carboniero, dal 2016 al timone di Ucimu-Sistemi per Produrre, l’associazione dei costruttori italiani di macchine utensili, robot e automazione, di fare il punto su una situazione che sta mettendo a dura prova il manifatturiero italiano.
Dal punto di vista industriale e, nello specifico, da quello della macchina utensile, come vedete questa situazione che si sta delineando a livello di emergenza e quali sono le principali difficoltà che state notando per il settore?
«Innanzitutto siamo in una situazione del tutto nuova, che non eravamo preparati ad affrontare, e di questo bisogna prenderne atto. Per la prima volta ci troviamo a fronteggiare una pandemia (dichiarata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità lo scorso 11 marzo, ndr) che ci ha preso tutti alla sprovvista ed è chiaro che la prima reazione è di preoccupazione responsabile per una situazione che continua a evolvere e dunque impone continui aggiustamenti dei piani di azione. A complicare le cose è poi il fatto che il nostro è un settore fortemente orientato all’export, con oltre il 60% della produzione destinata oltreconfine, ed in questo momento tutta l’attività verso i mercati esteri è fortemente penalizzata: c’è una chiusura da parte di molte nazioni, i nostri clienti oltreconfine non possono raggiungerci per fare i collaudi delle macchine acquistate e noi non possiamo spedirle (proprio perché non sono collaudate). Tutto è sospeso e dobbiamo attendere per fatturare e per incassare il giusto compenso economico, derivante dallo sforzo di aver costruito il macchinario per il cliente. A tendere questa situazione comporterà problemi di liquidità alle aziende che, se lavorano e producono, ma poi non spediscono, inevitabilmente non incassano. Auspichiamo, dunque, che questa chiusura dell’estero nei nostri confronti possa terminare in tempi brevi. Anche sul mercato italiano, purtroppo, negli ultimi giorni abbiamo cominciato a rilevare le prime ritrosie, dovute ai Decreti della Presidenza del Consiglio che limitano i movimenti delle persone, facendo saltare le relazioni che le società avevano con i propri clienti interni, anche se tutti ormai ci stiamo attrezzando per organizzare riunioni da remoto (sia pur con tutte le problematiche correlate al digital divide delle connessioni Internet nelle località italiane, ndr), che ci consentono quantomeno di continuare queste relazioni. Alcune aziende, come la mia, l’Omera, stanno anche iniziando, e questa è una cosa nuova, a fare i collaudi delle macchine utensili da remoto, ponendo i propri tecnici di fronte agli impianti e stabilendo una connessione video con la clientela, per consentirgli di assistere alle varie fasi ed avere tutte le delucidazioni del caso, oltre che richiedere prove particolari o quant’altro necessario durante il primo start-up della macchina».
In prospettiva, quali sono eventuali altre problematiche che possono emergere nel Comparto come, ad esempio, la partecipazione a fiere internazionali, o il fatto che questa situazione possa prolungarsi più del previsto?
«Il principale aspetto è appunto la tempistica, nel senso che le due grandi paure di noi tutti sono innanzitutto il protrarsi, per parecchio tempo, della pandemia che, secondo me, penalizzerà molto le nostre imprese, cui si aggiunge il timore del contagio dei nostri dipendenti, che aprirebbe un’altra problematica. Infatti, indipendentemente dalle decisioni a livello sanitario e governativo, c’è il rischio di dover chiudere l’impresa per almeno 14 giorni (tempo minimo di quarantena, considerato di sicurezza dall’Istituto Superiore di Sanità, ndr). Questi due aspetti, dunque, incidono sull’incertezza e sulle paure di tutti noi imprenditori, all’interno di una situazione di grande tensione generale. Per quanto riguarda il discorso legato alle fiere, adesso sono tutte bloccate a livello internazionale, perché il contagio si sta propagando un po’ in tutte le nazioni, con ritardi più o meno evidenti rispetto alla Cina e al nostro Paese. Questo rende ancor più importante lo strumento della connessione in remoto e i concetti legati all’Industria 4.0 che, da questo punto di vista, ci vengono incontro, aiutandoci nel tentare di portare avanti il nostro lavoro. Poiché preoccupa lo stato di liquidità delle aziende, UCIMU-SISTEMI PER PRODURRE ha chiesto alle autorità di governo di sollevare temporaneamente le aziende dai pagamenti fiscali cui ogni società deve adempiere con cadenza mensile e, in particolare, mi riferisco a tutto quello che viene versato ogni mese con il modello F24. Se questi adempimenti fiscali e contributivi venissero congelati fino alla normalizzazione della nostra economia, le imprese potrebbero avere nuovo ossigeno per proseguire la loro attività. Lo stesso discorso vale per il congelamento della quota capitale per quanto attiene i prestiti e i mutui fatti alle aziende, da parte delle banche, fino a quando la situazione non tornerà alla normalità. Si tratterebbe di provvedimenti di facile e rapida attuazione, senza entrare nell’alveo dei grandi interventi europei con Leggi speciali, che richiedono inevitabilmente tempi più lunghi, in questo momento insostenibili. Bisogna agire con urgenza.
Quali altri provvedimenti state chiedendo alle Istituzioni, oltre a quelli appena elencati, per il mondo delle macchine utensili?
C’è stato un intervento da parte dell’ICE (Istituto per il Commercio con l’Estero, ndr) che, in stretta collaborazione con noi, sta chiedendo di mandare anche un messaggio forte per quanto concerne l’internazionalizzazione e la forte presenza sui mercati esteri delle imprese italiane, perché oggi dobbiamo mostrare un’Italia che mette in luce le proprie caratteristiche positive, la propria leadership in molti settori, la qualità, lo stile e la tecnologia avanzata delle proprie realizzazioni. Da un lato, coloro che ci governano, in primis il Ministro degli Esteri e quello dello Sviluppo Economico, devono sostenere in prima persona il mondo della manifattura italiana con una vera e propria azione di promozione all’estero, e dall’altro, quando ripartiranno le esposizioni fieristiche, dovranno agevolare le nostre aziende, attraverso adeguati supporti finanziari, affinché possano essere ancor più presenti in ambito internazionale, mostrando come il tessuto produttivo sia vivo, continui a lavorare e sia innovatore.
A suo avviso, quale potrebbe essere il ruolo dell’Europa in questa situazione, che non è solo italiana, ma sta diventando internazionale?
Questa sarebbe sicuramente un’importante occasione per dimostrare l’unità dei paesi aderenti all’Unione. Si deve superare la situazione secondo la quale siamo divenuti in brevissimo tempo osservati speciali e discriminati da guardare con distacco. Adesso tutta Europa, appurato che il problema è comune, inizia a ragionare e questa potrebbe essere una grande opportunità di coesione. Gli organi di governo europei devono mettere a fattor comune risorse economiche, iniziative e credibilità del Continente, affinché il resto del mondo comprenda la forza e le capacità di questa grande area considerata la culla dell’umanità. L’importante è che si agisca in modo coeso ed immediato, perché a noi serve che lo si faccia adesso, nonostante per molte nazioni non sia ancora così evidente la diffusione del contagio.
In qualità di Presidente di Ucimu, raccogliendo le problematiche delle aziende e del Settore, quali consigli si sente di dare alle società in questo momento? Quali sono le cose più importanti che devono attuare per riuscire a contrastare quest’emergenza?
È una domanda non facile a cui rispondere. Intanto dobbiamo essere tutti concordi sul fatto che la produzione manifatturiera non può fermarsi, se non per un forte obbligo da parte dell’Autorità. Posso capire che sia importante lo smart working nell’ambito del settore dei servizi, ma la produzione non può usufruire di questo importante strumento; se noi la fermiamo, creiamo una situazione diabolica per la manifattura italiana, perché, essendo esportatori, se non siamo più in grado di soddisfare i nostri clienti esteri, questi non ci “aspetteranno” e si rivolgeranno a concorrenti di altre nazioni. Prima cosa, dunque, è quella di mantenere una produzione viva, mettendo in atto all’interno degli stabilimenti tutti i sistemi di protezione individuale per il personale, ponendolo in condizione di poter operare in tutta sicurezza. Nella mia azienda, per esempio, abbiamo messo in funzione gli scanner termici per misurare la temperatura di tutti i dipendenti in ingresso ed in uscita, che si affiancheranno agli strumenti di disinfezione delle mani, alle mascherine protettive e alle prescrizioni del Governo in merito alle distanze di sicurezza da mantenere per contrastare la diffusione del Codiv-19. Poi è chiaro che bisognerà prepararsi alla ripartenza, tenendo caldi tutti i rapporti instaurati con la clientela estera, al fine di essere molto reattivi nel momento in cui la situazione tenderà alla normalità. Il messaggio sbagliato, da contrastare, è quello arrivato ad alcuni clienti esteri, convinti che le industrie italiane stessero man mano chiudendo a causa del contagio del virus».
Pensando al grande appuntamento, previsto per il prossimo mese di ottobre, presso la fiera di Milano, ovvero l’edizione 2020 di BIMU, seguita dalla EMO 2021 sempre in Italia, come si sta muovendo Ucimu in questo senso?
L’attività di organizzazione di 32.BI-MU prosegue senza sosta. Ad oggi, a otto mesi dall’evento, abbiamo già 400 aziende presenti e le adesioni continuano ad arrivare. Spero, per la BI-MU di ottobre, di essere usciti già da qualche mese da questo brutto periodo, facendo diventare l’appuntamento fieristico come un’occasione di ripartenza per la nostra economia e il nostro settore, dopo la tragedia del coronavirus.
Per EMO MILANO 2021 tutta l’attività di promozione prosegue spedita e interessa la totalità dei paesi industrializzati del mondo grazie ad una campagna pubblicitaria particolarmente capillare. Per sostenere poi il made in Italy abbiamo definito con ICE due nuove opportunità di visibilità per il nostro settore a Parigi e Berlino ove organizzeremo due forum non appena la situazione ci permetterà di tornare alla normalità.
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