Economia

La trasformazione economica vuole un piano 4.0 aggiornato

Marco Calabrò, Capo Segreteria Tecnica del Ministro delle imprese e del Made in Italy, nella rubrica 4chiacchiere della rivista Tecnologie Meccaniche, chiarisce molti aspetti della trasformazione economica e sostenibile.

Il Piano Industry 4.0 andava aggiornato negli obiettivi al fine di fronteggiare al meglio il contesto economico in costante trasformazione. Ecco perché il piano Transizione 5.0 aveva bisogno di tempo per vedere la luce e oggi si è quasi pronti anche con il decreto attuativo e la circolare ministeriale che espliciterà al meglio le modalità di attuazione per le imprese.

Dall’intervista a Marco Calabrò, Capo Segreteria Tecnica del Ministro delle imprese e del Made in Italy, nella rubrica 4chiacchiere della rivista Tecnologie Meccaniche, molti aspetti sono stati chiariti.

La trasformazione che insegue il benessere del paese

Calabrò, sottolineando lo sforzo e la leva fondamentale del Piano 4.0 in un momento di profonde trasformazioni tecnologiche ed economiche. «Il tasso di crescita dello stock complessivo di robot industriali installati in Italia nel periodo 2017-2022 è stato pari al 7% medio annuo, pur includendo il rallentamento del 2020 causa pandemia e dai lockdown. Adesso occorre tuttavia un ulteriore avanzamento con obiettivi ancora più ambiziosi, per passare dall’ammodernamento dei macchinari all’innovazione dei processi. Per questo motivo il nuovo Piano non guarda più all’agevolazione per il singolo bene strumentale, ma si rivolge a strategie e processi di innovazione articolati».

Un primo obiettivo che si è prefissato Calabrò è che il piano in esame possa sostenere le imprese nel salto culturale necessario. Non meno rilevante è l’obiettivo di dotare le imprese di competenze adeguate a governare processi sempre più complessi.

Un piano di trasformazione che mette al centro l’essere umano

Parlando di Industry 5.0, si afferma che è un piano human centric. Ma cosa significa? «Con il 5.0 si supera definitivamente la conflittualità dal sapore vagamente luddista tra avanzamento tecnologico e occupazione, tra macchine e lavoratori: le tecnologie avanzate vengono utilizzate per migliorare la vita e il lavoro degli operatori e non per sostituirli. La transizione 5.0 punta a creare un ambiente sicuro e confortevole, dove i lavoratori possano svolgere le loro attività in modo efficiente. L’ulteriore pilastro del Piano risponde all’obiettivo ambizioso della Commissione europea di ridurre del 55% le emissioni di carbonio entro il 2030. Il terzo elemento fondamentale del piano 5.0 è la centralità delle competenze: la tecnologia affianca l’uomo, le cui competenze e capacità continuano a essere il fattore distintivo di successo, soprattutto nei settori del made in Italy».

Condizione necessaria per accedere al beneficio è l’effettuazione di investimenti nei beni strumentali tecnologicamente avanzati (allegati A e B alla legge 232 del 2016) e conseguire attraverso questi una riduzione dei consumi energetici almeno pari al 3% se calcolata rispetto all’unità produttiva o almeno pari al 5% se calcolata rispetto al processo interessato.

La trasformazione economica e sostenibile

A queste condizioni, sono agevolati anche gli impianti per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili destinata all’autoconsumo (inclusi servizi ausiliari, trasformatori e accumulatori), nonché i costi dei corsi di formazione erogati da soggetti qualificati. Inoltre tutte le imprese rientrano nel piano 5.0 e le agevolazioni sono uniformi tra Nord e Sud ma sono escluse dal beneficio le imprese in procedura concorsuale senza continuità aziendale (liquidazione volontaria, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, ecc.) e quelle destinatarie di sanzioni interdittive.

È inoltre necessario che le imprese rispettino le normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e che adempiano correttamente agli obblighi di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori.
Sui fondi a diposizione, Calabrò sottolinea come il piano conta, complessivamente su 6,3 miliardi di fonte PNRR – RePowerEU che si aggiungono ai 6,4 già previsti fino al 31 dicembre 2025 dal Piano Transizione 4.0. «Saranno quindi complessivamente quasi 13 i miliardi a disposizione delle imprese nel biennio 2024-25 per la duplice transizione digitale e green. Le aliquote del credito d’imposta confermano la segmentazione per dimensione di investimento, con tre classi fino a un tetto massimo agevolabile pari a 50 milioni per impresa, e introducono un criterio di proporzionalità del beneficio rispetto agli obiettivi ambientali: tanto più elevata è la riduzione dei consumi energetici, quanto più generosa è l’agevolazione. Le aliquote raggiungono il valore massimo del 45% in corrispondenza della classe più elevata di risparmio energetico per gli investimenti fino a 2,5 milioni di euro. Per un investimento di 50 milioni, il beneficio può quindi raggiungere i 9 milioni (18%) a fronte di 1,750 milioni del Piano 4.0 (3,5%)».

I punti fermi della trasformazione 5.0

Il credito d’imposta relativo al piano Industry 5.0 è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano a oggetto i medesimi costi, a condizione che non si superi il 100% dei costi. Inoltre, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 9 del regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio, è possibile il cumulo con ulteriori agevolazioni anche europee a condizione che non le agevolazioni non coprano le medesime quote degli investimenti del progetto di innovazione. L’unica esclusione prevista dalla norma non consente il cumulo con il credito ZES e, naturalmente, impone un’alternativa tra ricorso al 4.0 o al 5.0.

Uno dei punti chiave di Industry 5.0 è la sostenibilità e la transizione energetica, con particolare riferimento al risparmio energetico. Cosa prevede la norma su come calcolare/valutare il risparmio energetico nelle imprese?
«La riduzione dei consumi energetici è calcolata con riferimento ai soli investimenti in beni strumentali materiali e immateriali e deve tenere conto di una normalizzazione rispetto ai volumi produttivi e alle condizioni esterne che influiscono sulle prestazioni energetiche. Occorre confrontare, rispetto all’unità produttiva o al processo, i consumi stimati a fine investimento con uno scenario base costituito dai medesimi consumi registrati nell’anno che precede l’avvio degli investimenti. Se questo dato non è disponibile, si dovrà procedere alla stima di un controfattuale determinato sulla base dei beni alternativi disponibili sul mercato. Il risparmio energetico dovrà essere certificato da soggetti esperti in diagnosi energetica come EGE ed ESCO, nonché ulteriori professionisti che saranno individuati con il decreto attuativo», conclude Calabrò.

di Ezio Zibetti