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L’additive manufacturing declinato al femminile

Valeria Tirelli, presidente e ceo di Aidro e Area Manager di Women in 3D Printing, dal 2020, traccia un quadro delle tecnologie di additive manufacturing in diversi ambiti applicativi e dà uno spaccato del mercato e attenzione alle diversità e all'inclusione.

«Sicuramente l’additive manufacturing, sebbene abbia oltre 30 anni di vita, è una tecnologia produttiva innovativa, rispetto alla manifattura più tradizionale, ed è già solidamente radicata in alcuni mercati, come nel medicale dove c’è una forte esigenza di personalizzazione dei prodotti». A raccontare questo e altri dettagli è Valeria Tirelli, presidente e ceo di Aidro dalle pagine di Tecnologie Meccaniche.

Tirelli, che dal 2020 è anche l’Area Manager di Women in 3D Printing, l’associazione mondiale che organizza eventi di networking e promuove le tematiche di diversità, inclusione e sostenibilità nel mondo della stampa 3D, non si risparmia anche sull’evoluzione tecnologica. «Oggi si parla molto di tecniche di intelligenza artificiale che vanno ad agevolare la creazione di oggetti in 3D. Con i grandi vantaggi offerti dall’additive mi aspetto che questa tecnologia verrà utilizzata sempre più, stanti le crescenti esigenze di customizzazione: direi che, nel breve e medio termine, per alcuni settori ci sarà una decisa crescita, per altri servirà più tempo perché l’additive manufacturing richiede un cambiamento di mentalità nel modo di progettare e concepire il prodotto».

L’additive manufacturing: tecnologia nuova che vuole una apertura mentale

I vantaggi che questa tecnologia porta alle aziende manifatturiere sono molti, ma per coglierli, Tirelli conferma che «bisogna avere un’apertura mentale in grado di capire e accogliere le nuove opportunità. Ci si arriva cominciando, per esempio, a fare delle prove a livello di prototipazione e di pre-serie o a livello di ricerca: queste attività possono essere fatte con costi molto più bassi rispetto all’approccio tradizionale dove potrebbe essere richiesta la realizzazione di stampi e, comunque, genera materiale di sfrido con i processi di asportazione di materiale. Sulle produzioni di serie in metallo bisogna fare ancora qualche riflessione perché le attuali macchine sono state concepite per prodotti speciali di serie limitate: oggi, bisogna attivare un lavoro congiunto con i produttori di macchine per l’additive manufacturing affinché si riescano a sviluppare soluzioni a più alta produttività. Mi riferisco soprattutto al mondo del manufatto in metallo per il quale ci sono diverse tecnologie di stampa 3D e un’ampia varietà di materiali utilizzabili. Penso che, oggi, le aziende manifatturiere non possono più ignorare questa tecnologia, devono affacciarsi a questo mondo, anche a livello sperimentale, avvalendosi del supporto di istituti di ricerca, università e società di consulenza. Porto l’esempio della mia azienda Aidro, specializzata nella progettazione e produzione di soluzioni e componenti per sistemi oleodinamici, dove rivesto il ruolo di CEO; qui, abbiamo adottato da circa 15 anni la tecnologia dell’additive in metallo e molto spesso facciamo trasferimento di know-how in favore delle aziende che ce lo chiedono. È la stessa finalità dell’associazione Women in 3D Printing, cioè diffondere il più possibile il know-how e le esperienze di questa tecnologia per una maggiore sensibilizzazione delle aziende e una maggiore diffusione».

L'additive manufacturing declinato al femminile
Valeria Tirelli, presidente e ceo di Aidro e Area Manager di Women in 3D Printing

Una marcia in più per lo sviluppo dell’additive manufacturing

Tra gli ambiti più promettenti per le produzioni di serie, Tirelli, per sua esperienza professionale diretta, afferma che ci sono già casi in cui la produzione in serie di pezzi, sia in plastica sia in metallo, che si è rivelata vantaggiosa anche economicamente. «Perché questa tecnologia si sviluppi ulteriormente nelle grandi serie – dichiara – ci vuole uno sforzo in più, una volontà maggiore di investimento da parte delle aziende, sia i costruttori impegnati nello sviluppo di soluzioni più avanzate e più performanti sia gli utilizzatori con una maggiore propensione alla creazione di un vero e proprio reparto di additive manufacturing. Secondo me, la sfida principale che deve vincere questa tecnologia è al livello economico. Relativamente al tessuto industriale italiano, i vari incentivi dati alle aziende hanno sicuramente aiutato a introdurre la tecnologia; l’augurio è che ci siano altri aiuti governativi alle aziende affinché questa tecnologia entri nello scenario della produzione di serie».

Un’associazione ‘al femminile’ per l’additive manufacturing

L’Associazione Woman in 3D Printing nasce 10 anni fa negli Stati Uniti per iniziativa di appassionati della Stampa 3D che volevano creare un network per condividere esperienze, idee, sfide e difficoltà legate a questa tecnologia. L’Associazione è cresciuta a livello mondiale tant’è che oggi abbiamo più di trentamila membri in tutto il mondo e più di cento sedi, sia nazionali che locali. «In Italia siamo presenti dal 2020 e, nel mio ruolo di Area Manager, coordino le attività a livello nazionale; con me collaborano quattro ambassadors operative in altrettante local chapter a Cagliari, Ancona, Padova e Milano; a breve nascerà un’altra sede a Novara. Inoltre, mi avvalgo di un comitato attivo che supporta tutte le iniziative dell’Associazione con lo scopo di fare community, cioè riunire le persone che hanno voglia di condividere le loro esperienze e i nuovi progetti».
Essendo una tecnologia nuova, è fondamentale fare gruppo e l’Associazione è aperta a tutti, indipendentemente dal loro background, dall’identità di genere e dallo status socioeconomico; insieme formiamo una squadra unita per avere una voce più forte nel settore della produzione additiva.
In Italia, l’Associazione ha raggiunto più di 300 persone che partecipano ai nostri eventi e seguono le diverse attività; i diversi momenti di incontro che organizziamo ci permettono di raggiungere tanti professionisti italiani, anche all’estero, che sono interessati a questa tecnologia.
«Grazie a questi momenti di confronto, sempre di più, scopriamo ambiti nuovi di applicazione. Due esempi su tutti: una ragazza italiana, che vive in Olanda, produce in stampa 3D delle strutture per il ripopolamento della barriera corallina; un cotonificio italiano ha recentemente creato un hub innovazione dove si recuperano gli scarti delle lavorazioni per creare nuova materia prima che viene poi utilizzata nelle stampanti 3D per creare oggetti di design e di moda».

Additive manufacturing: vari attori e nuovi sbocchi applicativi

Come in tutte le tecnologie nuove che vivono un momento di sviluppo, anche nell’additive ci sono vari attori e vari sbocchi applicativi. Ciò sottolinea l’importanza di fare rete tra associazioni, imprese, università, entri di ricerca.
«Per fare rete è fondamentale far si che i vari attori si parlino sempre di più. La nostra associazione collabora anche con altre associazioni, sia a livello nazionale sia a livello europeo. In Italia, per esempio, collaboriamo con AITA e UCIMU-Sistemi per Produrre. Cerchiamo di essere presenti in tutti gli ambiti attraverso la partecipazione a fiere, convegni, seminari e altre occasioni di confronto. Saremo presenti come associazione anche alla prossima edizione di BI-MU dove, all’interno dell’iniziativa Più Additive, organizzeremo una tavola rotonda: qui, alcune professioniste racconteranno esperienze personali legate al mondo della produzione additiva. Bisogna continuare, dunque, a fare cultura sapendo che, oggi, l’Italia è uno dei principali paesi utilizzatori di tecnologia additiva, ma anche produttori di macchine sia per metallo sia per plastica: facendo rete, possiamo anche essere riconosciuti a livello mondiale», conclude Tirelli.

di Ezio Zibetti ed Ernesto Imperio