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Macchinari, l’export italiano vale quasi 40 miliardi

Il rapporto Ingenium del Centro Studi Confindustria con Federmacchine valuta 32,1 miliardi con un potenziale aggiuntivo di altri 8.

L’export italiano di macchinari ad alta intensità di ACT (Automazione, Creatività e Tecnologia) vale 32,1 miliardi di euro, con un potenziale di crescita stimato in 8 miliardi.

Lo evidenzia la seconda edizione di Ingenium, il rapporto del CSC (Centro Studi Confindustria) realizzato con il sostegno di Federmacchine, che rappresenta l’industria italiana del bene strumentale, presentato lo scorso 21 gennaio 2025 a Milano.

I dettagli del rapporto

I mercati avanzati assorbono 21,6 miliardi di euro, mentre quelli emergenti 10,5 miliardi. Le Americhe registrano la crescita maggiore, con il Messico primo mercato di sbocco. Il potenziale aggiuntivo si distribuisce piuttosto equamente tra Paesi avanzati (4,6 miliardi) ed emergenti (3,3 miliardi), suggerendo alle imprese di accrescere le loro quote di mercato in entrambi. Negli avanzati, gli Stati Uniti guidano (oltre 760 milioni), seguiti da Germania e Francia (più di 470 milioni ciascuno). Tra gli emergenti spiccano Cina (oltre 760 milioni), India (più di 472 milioni) e Turchia (sopra i 364 milioni).

Dare forma al potenziale

Realizzare il potenziale dell’export non è automatico, ma richiede un aumento della produzione, trainato dagli investimenti. È quindi necessario uno sforzo coordinato di imprese e istituzioni per favorire un irrobustimento generalizzato del sistema produttivo e della sua competitività: se da un lato le imprese dovrebbero impegnarsi nel destinare risorse a investimenti produttivi, dall’altro le istituzioni dovrebbero spronare questo processo mitigando gli elementi di incertezza e predisponendo incentivi per tutte le imprese che decidano di reinvestire i propri utili per l’acquisto di beni strumentali.

Il digitale è la chiave

La digitalizzazione, poi, riveste un ruolo cruciale: rafforzarla è essenziale anche per integrare l’IA (Intelligenza Artificiale) nelle industrie esistenti. Nel 2023, il mercato italiano dell’IA è cresciuto però solo del 52%, raggiungendo 760 milioni di euro, infatti il divario rispetto a USA e Cina resta significativo. Con solo il 5% degli investimenti rispetto a quelli statunitensi, l’Europa è in ritardo e l’Italia fatica soprattutto tra le PMI: solo il 18% ha avviato progetti di IA contro il 61% delle grandi imprese.

Gli accordi di libero mercato

In un contesto sempre più incerto è infine fondamentale utilizzare al meglio gli accordi di libero scambio già conclusi dalla UE e finalizzarne altri, come quello con il Mercosur (il mercasto comune dell’America meridionale), per ottenere ulteriore accesso preferenziale a mercati strategici. È inoltre necessario rafforzare i legami commerciali con i Paesi europei e individuare ambiti di collaborazione avanzata con gli Stati Uniti, anche per fronteggiare la concorrenza di blocchi commerciali integrati come il RCEP (Regional Comprehensive Economic Partnership) in Asia.

Un contributo decisivo alla bilancia commerciale

«Il Rapporto Ingenium – ha dichiarato Barbara Cimmino, Vice Presidente per l’Export e l’Attrazione degli Investimenti di Confindustria – sottolinea l’impatto decisivo dei fattori geopolitici sui flussi commerciali e di investimento. Tensioni, conflitti e sfide globali, come l’approvvigionamento energetico e tecnologico, influenzano le scelte di governi e imprese. Con l’insediamento della nuova amministrazione statunitense, ci aspettiamo un’accelerazione delle dinamiche globali, mentre auspichiamo che l’Europa ritrovi il coraggio di scelte epocali. Il tempo di agire è ora: imprese e istituzioni devono lavorare insieme per tradurre il potenziale individuato in esportazioni effettive e consolidare il ruolo dell’Italia come leader globale. È per questo che auspichiamo che venga al più presto organizzata una missione in Messico, che dalle analisi del CSC risulta tra i primi 5 Paesi emergenti per potenziale dell’export di beni ACT, con un margine di miglioramento pari a 281 milioni di euro. Ogni ritardo potrebbe tradursi in opportunità perse per il nostro sistema industriale».

«L’industria italiana del bene strumentale – ha aggiunto Bruno Bettelli, presidente Federmacchine – assicura da sempre un contributo decisivo al saldo della bilancia commerciale del Paese, operando su mercati molto variegati per geografia, cultura e tipologia della domanda. La necessità sempre più forte di operare nell’arena internazionale e la crescente complessità che questa attività porta con sé, in parte determinata dalle generali condizioni di incertezza, impongono uno studio attento del contesto. I risultati emersi da questa seconda edizione di Ingenium sono un utile strumento per comprendere quali sono le aree a maggior potenziale e quali le direttrici di sviluppo del business da seguire per assicurare il miglioramento della competitività dell’offerta di made in Italy settoriale».