L’esoscheletro MATE sviluppato da Comau migliora le condizioni di lavoro degli operatori impegnati in attività da compiere a braccia alzate, anche senza sollevare pesi, alleviando il carico sulle spalle. il personale nella linea di assemblaggio di Faro ha già tratto beneficio dall’esoscheletro.
di Davide Davò
Il lavoro di squadra è tanto più vincente quanto più i vari componenti del team si sostengono l’un l’altro: lo si vede in modo evidente negli sport di squadra, ma l’impostazione trova riscontro anche all’interno del mondo del lavoro. Se tutti i membri di un team lavorano spalla a spalla per raggiungere l’obiettivo comune, l’attività quotidiana verrà svolta con maggior efficienza e migliori risultati. Consapevole dell’importanza di questo aspetto e forte di una visione che mette il benessere del dipendente al centro della filosofia aziendale, Faro SpA ha garantito ai propri operatori della linea di assemblaggio un compagno di lavoro il cui unico compito è quello di rendere l’attività del personale il meno logorante possibile per gli arti superiori. Si tratta dell’esoscheletro MATE sviluppato da Comau.
Familiare e moderna
«Fin dal 1948, quando è stata fondata da Osvaldo Favonio, Faro è sempre stata molto attenta al rapporto con il territorio di Ornago (MB) dove è stato costruito lo stabilimento all’interno del quale l’attività produttiva prosegue tuttora», esordisce Paolo Varisco, Responsabile dell’area Operations di Faro. «Un forte legame che l’azienda ha saputo instaurare anche nei confronti dei propri dipendenti, prestando attenzione alle loro condizioni di lavoro e alle loro esigenze. Questo spirito familiare tramandato dal fondatore Osvaldo al figlio Angelo (attuale amministratore delegato) e alla nipote Cristina Cesari Favonio (general manager dell’azienda), abbinato alla volontà di eccellere nel proprio ambito ha consentito a Faro di crescere negli anni fino a diventare uno dei punti di riferimento nell’ambito della progettazione e produzione di apparecchiature destinate al costruttore di riuniti odontoiatrici, agli studi dentistici e ai laboratori odontotecnici». Negli oltre 5000 mq coperti dello stabilimento brianzolo si svolgono tutte le fasi della filiera produttiva, partendo dalla progettazione fino all’assemblaggio e spedizione, senza dimenticare ovviamente l’attività di ricerca e sviluppo. Questa organizzazione unita alla selezione di fornitori italiani di componenti di alta qualità permette a Faro di approcciare il mercato con prodotti a elevato contenuto tecnologico. «Possiamo vantare un’esperienza di 70 anni nel dentale, ambito nel quale trova applicazione circa l’80% dei nostri prodotti», prosegue Varisco. «Il nostro fiore all’occhiello è la lampada per dentisti, composta dal braccio e dalla testata equipaggiata con lampade a led oppure alogene. I clienti che si rivolgono a noi possono essere i costruttori che realizzano le poltrone, che integrano il nostro prodotto all’interno delle loro soluzioni, oppure i dealer che interagiscono direttamente con i dentisti».
L’esoscheletro entra in linea
L’evoluzione del settore negli ultimi anni ha portato a un profondo cambiamento nell’organizzazione della produzione, che è passata dallo sviluppo di un singolo modello all’offerta di 7 famiglie di prodotto che possono essere personalizzate dando vita a qualche centinaio di differenti varianti. «La nostra produzione è divisa in base alla tipologia di cliente», spiega ancora Varisco. «Se parliamo delle lampade vendute ai dealer, adottiamo una logica just-in-time perché il cliente ha tempistiche stringenti nelle quali dobbiamo preparare una lampada cucita su misura in base alle specifiche richieste». La realtà brianzola ha quindi introdotto i concetti della Lean Production fornendo agli operatori una serie di strumenti che li aiutano nell’organizzare le loro attività, da tabelloni e cartellini per avere un quadro dell’avanzamento dei lavori fino a tutorial video da consultare all’occorrenza e questionari da compilare, che permettono di capire quanto crescono le loro competenze e se l’attività di formazione viene erogata dall’azienda nel modo corretto. Oltre agli strumenti legati all’organizzazione del lavoro e alle attività di aggiornamento e formazione del personale, Faro ha anche introdotto soluzioni per ridurre l’affaticamento degli operatori. «Di recente ci siamo rivolti a un consulente esterno per fare un’analisi sulla sicurezza per l’operatore, e dal report è risultato che il nostro personale non svolge attività particolarmente gravose per il proprio fisico», continua Varisco. «Al netto di questa informazione, abbiamo però constatato che l’età media degli operatori in linea di assemblaggio è di circa 50 anni. Un’età nella quale svolgere ripetutamente una serie di attività anche senza movimentare pesi importanti può essere faticoso. In quest’ottica, ho iniziato a informarmi per capire se ci fossero sul mercato degli strumenti che potessero rendere meno faticosa la giornata lavorativa degli operatori. Quando sono venuto a conoscenza dell’esoscheletro Mate ho subito intuito il potenziale beneficio che avrebbe ottenuto il personale, e mi sono messo in contatto con Comau per effettuare una prima valutazione di questo prodotto».
Lavorare a braccia alte
Gli operatori della linea di assemblaggio delle lampade di Faro non devono sollevare oggetti pesanti, considerando che la testata completa pesa circa 7 kg. Il punto chiave però è che c’è una serie di movimenti che devono essere ripetuti per centinaia di volte nell’arco del turno, e in tale condizione a fine giornata la fatica inizia a farsi sentire sulle spalle del personale. In aggiunta, operazioni quali il montaggio della piantana, il posizionamento della lampada nell’imballaggio di polistirolo, la regolazione della lampada e soprattutto l’utilizzo di un avvita tore elettrico per montare la vite all’interno degli snodi vengono portate a termine dal personale in una posizione che richiede di sollevare continuamente le braccia, o di tenerle alzate per lungo tempo. Una condizione di impiego che si dimostra ottimale per Mate, un esoscheletro passivo completamente meccanico studiato appositamente per ridurre l’insorgenza di malattie muscoloscheletriche sul posto di lavoro. «Trattandosi di un sistema completamente nuovo per noi, come primo passo abbiamo effettuato insieme a Comau un’analisi per identificare quali fossero le attività più idonee all’utilizzo di Mate tra quelle svolte dal nostro personale», afferma Varisco. «Abbiamo quindi individuato nell’assemblaggio il reparto ideale per affrontare questo primo investimento, che non era stato pianificato ma che Faro ha voluto fortemente proprio perché già da un primissimo contatto ci siamo resi conto degli indubbi benefici portati da Mate». Attualmente la realtà di Ornago è dotata di un solo esoscheletro che viene utilizzato da due operatori, uno dei quali lo indossa praticamente per l’intero turno di lavoro.
Entusiasmo sul campo
«L’arrivo di MATE ha completamente cambiato il mio modo di lavorare, ovviamente in senso positivo», spiega Massimiliano Bulla, l’operatore di linea che utilizza maggiormente l’esoscheletro di Comau. «Sono in Faro da 30 anni, e devo dire che la qualità della mia condizione di lavoro è notevolmente migliorata da quando posso usare l’esoscheletro. Alla fine del turno le spalle non mi fanno male, e questo è un beneficio per la mia salute. In aggiunta devo ammettere che anche la mia produttività è migliorata. Dopo una giornata di lavoro ho la stessa facilità di movimento delle braccia di quando inizio il turno, e quindi posso lavorare con la stessa velocità e con meno errori dovuti alla fatica. Mi rendo conto di quanto sia migliorata la mia attività quando mi capita di non averlo a disposizione, per cui lavoro “alla vecchia maniera” e le spalle tornano a farmi male». «Capisci che sei sulla strada giusta quando la persona che usa un nuovo strumento non fa altro che incoraggiare i colleghi al suo utilizzo», conclude Varisco. «Mate è estremamente facile da indossare, infatti gli operatori lo indossano senza bisogno di aiuto da parte altre persone, ed è altrettanto semplice da utilizzare: mezza giornata di formazione è stata più che sufficiente per renderli indipendenti nell’utilizzo. Proprio in virtù del loro entusiasmo stiamo già pianificando l’acquisto di altri esoscheletri in un futuro non molto lontano».
Togliere carico alle articolazioni
MATE è l’acronimo di Muscolar Aiding Tech Exoskeleton, ma “mate” in inglese significa compagno di lavoro. Ed è proprio questo il ruolo dell’esoscheletro di Comau. Come un compagno fidato supporta l’operatore alleggerendo il carico che grava sugli arti superiori quando si compiono operazioni con le braccia sollevate. Sviluppato in partnership con Össur, azienda islandese leader nel settore dei dispositivi ortopedici non invasivi, e IUVO, spin-off dell’italiano BioRobotics Institute di Pisa specializzato in tecnologie indossabili, l’esoscheletro Mate commercializzato da Comau è in grado di replicare accuratamente i movimenti dinamici della spalla, avvolgendo il corpo come una seconda pelle. Ne deriva un comfort maggiore per l’operatore e allo stesso tempo maggiori efficienza e qualità di lavoro, rese possibili da un supporto costante ai movimenti degli arti superiori durante attività manuali e ripetitive. «Mate è un esoscheletro passivo con funzionamento meccanico», spiega Elena Corsi, product marketing manager di Comau. «Il suo compito infatti non è quello di permettere all’operatore di sollevare pesi importanti, ma di supportare il peso del braccio in attività che comportano l’elevazione o la flessoestensione delle braccia in un angolo compreso tra 30 e 120° (inteso come l’angolo formato tra il braccio e il busto). In tale condizione Mate scarica il peso del braccio a livello del bacino, vicino al centro di massa. La riduzione del carico avviene tramite l’azione di molle in grado di generare una coppia variabile che va a riprodurre il movimento fisiologico della spalla. In base al peso dell’operatore, alla sua altezza e alla tipologia di operazione da svolgere, le molle possono essere tarate su 7 livelli differenti di intervento: più leggero nel caso di continui movimenti delle braccia, più intenso se l’operatore deve restare per lunghi periodi con le braccia sollevate».
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