Durante un recente convegno organizzato da Warrant Hub - Tinexta Group sono state illustrate le ultime novità legate alla legge di bilancio 2022 in relazione al Piano Transizione 4.0 e agli ulteriori aggiornamenti.
L’analisi, in parallelo, delle nuove disposizioni in legge di bilancio 2022 con il Piano Transizione 4.0, la riforma del patent box e i chiarimenti in fatto di doppio finanziamento e cumulo hanno messo in luce alcuni elementi chiave sulle strategie di investimento. Gli investimenti in nuovi macchinari richiedono sempre attenzione in merito ai bilanci aziendali, ma le misure messe sul piatto vanno in modo concreto a beneficio delle imprese, indipendentemente dalla dimensione. In sintesi, sono questi i punti emersi durante l’evento organizzato da Warrant Hub – Tinexta Group.
Elena Gatti, Ufficio Studi Manager della società, è entrata nel vivo dell’argomento. «Il Piano Transizione 4.0 racchiude uno dei set incentivanti cardine della politica industriale italiana. Si tratta dell’evoluzione del Piano Industria 4.0 (con cui era stato introdotto l’iperammortamento nel 2017), poi ribattezzato Impresa 4.0, per giungere alla definizione odierna adottata a partire dal riassetto delle misure avvenuto nel 2020 allo scopo di conferire al Piano un nuovo afflato propulsivo degli investimenti. Le recenti leggi di bilancio hanno avuto il pregio di abbandonare il meccanismo dei precari rinnovi annuali delle misure, che non consentivano una programmazione strutturata degli investimenti: con la legge di bilancio 2021 le agevolazioni sono state prorogate per un biennio (2021-2022), mentre con la legge di bilancio 2022 la proroga è triennale e, per il credito d’imposta ricerca e sviluppo (R&S), di nove anni».
Grazie al PNRR, il Piano Transizione 4.0 ha beneficiato di un’ingente iniezione di risorse per il periodo 2020-2022. «A valere su risorse nazionali – spiega Gatti – opererà invece il rinnovo di alcune delle misure del Piano Transizione 4.0 per il triennio 2023/2025 (e per il Credito R&S sino al 2031) con un progressivo calo delle aliquote a fronte, però, di un incremento dei massimali. Al momento, nessuna riconferma è prevista per i prossimi anni per il credito d’imposta per investimenti in beni strumentali (materiali e immateriali) ordinari non 4.0 e per il bonus formazione 4.0, salvo la piena vigenza per il 2022».
Ricerca e sviluppo, innovazione e design
Entrando nel dettaglio degli incentivi del Piano Transizione 4.0 scoviamo il credito d’imposta ricerca e sviluppo, innovazione e design, un incentivo introdotto per stimolare la spesa privata in innovazione. È un credito d’imposta volumetrico, calcolato cioè sull’intero stock delle spese in ricerca, sviluppo e innovazione utilizzabile esclusivamente in compensazione, in tre quote annuali di pari importo, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello di maturazione e subordinatamente all’avvenuto adempimento degli obblighi di certificazione.
Sono agevolabili le spese di personale con rapporto di lavoro subordinato o autonomo; le quote di ammortamento, i canoni di locazione e altre spese relative ai beni materiali mobili e ai software; le spese per contratti extra muros; le quote di ammortamento di privative industriali; le spese per servizi di consulenza; le spese per materiali, forniture e altri prodotti. Novità sulla proroga degli incentivi relativi ai costi di ricerca e sviluppo, innovazione design e ideazione estetica, transizione ecologica e innovazione digitale sostenuti. È prevista una proroga di questi sino al 2025 (per le attività di ricerca e sviluppo sino al 2031) con aliquote decrescenti ma massimali di beneficio, in alcuni casi, incrementati.
Il periodo aureo per gli investimenti, ai fini agevolativi, risulta il 2021/2022 perché è quello con le aliquote più alte. A ben vedere, però, la legge di bilancio 2022 ha portato un miglioramento per quanto riguarda i tetti massimi di contributo. Infatti, se nel 2023 l’aliquota si attesta al 10%, per quanto riguarda la ricerca e sviluppo, la transizione ecologica e l’innovazione digitale è previsto un incremento del tetto.
Investimenti in beni strumentali
Il credito d’imposta per investimenti in beni strumentali è l’erede del superammortamento e dell’iperammortamento.
Si tratta di un credito d’imposta utilizzabile in compensazione, in tre quote annuali a partire dall’anno di entrata in funzione o di interconnessione dei beni e, questo, ne segna un’accelerazione sulla fruizione del contributo. Una delle novità introdotte dalla legge di bilancio 2022 riguarda la mancata proroga per il 2023 del credito per i beni strumentali ordinari che concluderanno il loro corso il prossimo 31 dicembre 2022, mentre è prevista una proroga per i beni derivanti da investimenti funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese in chiave Industria 4.0. Anche in questo caso, per i beni relativi agli investimenti 4.0 sono previsti tagli alle aliquote nel corso dei successivi anni. Nessuna proroga anche sui termini di consegna dei macchinari: i macchinari acquistati nel 2021, con il beneficio, devono necessariamente arrivare in azienda entro il 30 giugno 2022 per accedere all’incentivo più elevato. Tuttavia, a causa della pandemia da Covid-19, potrebbero esserci delle sorprese in termini di proroghe data la difficile situazione che attanaglia acquirenti e fornitori.
Formazione 4.0
La manovra di bilancio 2022 non ha prorogato questo credito d’imposta che resta comunque valido per tutto l’anno in corso. Oggi, sui tavoli ministeriali, si sta pensando a una rivisitazione generale degli incentivi, tra cui quelli del Piano Transizione 4.0 «per rendere più pervasive alcune tecnologie di frontiera come l’intelligenza artificiale e il cloud, coniugarle con obiettivi particolarmente meritori coinvolgendo le filiere e incentivare l’accrescimento delle competenze nelle materie connesse alle tecnologie abilitanti il processo di transizione tecnologica e digitale», spiega Gatti.
Le novità sul patent box
Introdotto con decreto legge fiscale 146/2021, successivamente rettificato in maniera importante dalla legge di bilancio 2022, il nuovo regime opzionale di tassazione agevolata si applica sui costi di ricerca e sviluppo per la creazione e lo sviluppo di privative industriali (tra cui i brevetti). Mentre il vecchio regime, previsto con legge di bilancio 2015, era stato voluto e studiato per stimolare il deposito brevettuale e la tutela di privative industriali e prevedeva un calcolo funzionale, essenzialmente, a una riduzione della base imponibile del 50% per i redditi derivanti dall’utilizzo degli asset immateriali tutelabili, oggi la modifica ha subito una rivisitazione. Il beneficio previsto dalla nuova legge di bilancio prevede la maggiorazione del 110% dei costi di ricerca e sviluppo sostenuti per gli asset immateriali tutelabili utilizzati nell’attività d’impresa ai fini delle imposte sui redditi.
Secondo Luca Onnis, Chief Operating Officer (COO) di Warrant Hub – Tinexta Group, «si tratta di un beneficio superiore rispetto alle aliquote del credito d’imposta ordinario per ricerca e sviluppo 2021/2022». E aggiunge: «Con queste modifiche è maggiormente premiato il rischio d’impresa nel momento iniziale della creazione di una privativa industriale più che nei redditi futuri che verranno generati. Viene valorizzata la ricerca non fine a sé stessa ma che sarà portatrice di risultati futuri». Inoltre, il nuovo regime di patent box consente il cumulo con il credito d’imposta ricerca e sviluppo del Piano Transizione 4.0. Ma quali sono i beni immateriali che danno luogo all’agevolazione? Software coperto da copyright, brevetti industriali, disegni e modelli. Onnis si sofferma sulla durata e l’applicabilità di questo beneficio.
Il nuovo regime si applica alle opzioni esercitate nel periodo d’imposta in corso al 22 ottobre 2021 e ai successivi. Inoltre, si può usufruire della maggiorazione del 110% delle spese a decorrere dal periodo d’imposta in cui il bene immateriale ottiene il titolo di privativa industriale: in pratica, questo concetto si lega alla data di concessione del brevetto. Infine, la maggiorazione può essere applicata alle spese sostenute entro l’ottavo periodo d’imposta antecedente a quello nel quale il bene immateriale ottiene il titolo di privativa industriale, un concetto che segue le tempistiche, a volte lunghe, per arrivare alla concessione.
Doppio finanziamento e cumulo: precisazioni
Un argomento su cui si è discusso e ha trovato riscontro in molte domande durante l’evento di Warrant Hub – Tinexta Group è relativo al doppio finanziamento e al cumulo delle misure agevolabili. I chiarimenti sono giunti relativamente all’attuazione degli interventi previsti dal PNRR e finanziati dal dispositivo per la ripresa e la resilienza. La Ragioneria Generale dello Stato ha stabilito, con circolare n. 33 di fine dicembre 2021, che le agevolazioni derivanti da PNRR sono cumulabili con altri benefici a patto che la somma non superi il 100% dell’investimento.
Gatti spiega che, tra gli obblighi da rispettare per tutti i progetti finanziati con risorse PNRR, vi è l’assenza di doppio finanziamento, ovvero «una duplicazione del finanziamento degli stessi costi da parte del dispositivo e di altri programmi dell’Unione, nonché con risorse ordinarie da bilancio statale» secondo quanto riportato dalla Ragioneria a ottobre. In virtù degli ultimi chiarimenti è possibile stabilire una sinergia tra diverse forme di sostegno pubblico, che sono cumulate per costi diversi all’interno di un medesimo progetto o per diverse quote parti del costo di uno stesso bene, rispettando le disposizioni di cumulo previste dalle discipline agevolative ed entro i limiti del costo sostenuto. Si vuole così scongiurare il doppio finanziamento. La circolare, a titolo di esempio, spiega che qualora una misura del PNRR finanziasse il 40% del valore di un bene o di un progetto la restante quota del 60% può essere finanziata attraverso altre fonti purché si rispettino le disposizioni di cumulo di volta in volta applicabili e a patto che non venga superato il 100% del relativo costo. Se così non fosse saremmo nel caso di doppio finanziamento, vietato dalla disciplina comunitaria.
Stefano Belviolandi
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