Sulla poltrona di “Tecnologie Meccaniche” abbiamo ospitato Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria, per parlare di come riportare Industria al centro delle scelte in Italia
di Edoardo Oldrati
Qual è oggi lo stato di salute del sistema imprenditoriale e, in particolare, di quello industriale?
Per usare una metafora, direi che dopo una lunga convalescenza deve recuperare la piena forma, ma non ha perso il dinamismo, la consapevolezza delle proprie potenzialità e la voglia di tornare protagonista. Ricordo infatti che l’Italia è sempre il secondo Paese manifatturiero in Europa ed il quinto al mondo. Per fare una breve analisi, la crisi ha determinato una vera e propria selezione darwiniana. Oggi sostanzialmente abbiamo un 20% di imprese che ha tenuto e va molto bene, un 20% che va male e un 60% che si trova nella “zona grigia”. La nostra sfida, che deve essere di tutto il sistema Paese, è portare questo 60% di imprese verso l’alto. Ed per questo che abbiamo proposto con forza di sviluppare una politica economica ed industriale orientata verso i fattori di competitività industriale e non sui settori, proprio per dare la possibilità a tutti i comparti del sistema imprenditoriale di recuperare il terreno perduto e ricominciare a correre. Restiamo convinti che la ripresa sia direttamente proporzionale al rilancio del sistema manifatturiero, ma l’industria non esclude i servizi, anzi pensiamo che il futuro della manifattura italiana passi attraverso l’integrazione tra il digitale e la manifattura tradizionale. Mi riferisco a Industria 4.0 che può essere un driver di sviluppo e un pilastro della politica economica del Paese. Noi ci crediamo e ci stiamo lavorando con grande determinazione.
Che cosa vuol dire “far funzionare” la macchina di Confindustria? Quali sono le sfide che deve affrontare la struttura dell'associazione oggi?
Confindustria è un’organizzazione di rappresentanza a cui si aderisce su base volontaria. Quindi è fondamentale e doveroso tenere la macchina sempre al massimo dei giri per fornire servizi efficaci e di alta qualità. Vogliamo che gli imprenditori, su tutto il territorio, sentano che questa è la loro casa e che il nostro lavoro è orientato unicamente allo sviluppo delle loro imprese. Non è un caso che negli anni più acuti della crisi il numero dei nuovi iscritti a Confindustria sia aumentato. Abbiamo registrato una buona stagione di sviluppo associativo e questo significa che chi era fuori da Confindustria si è riconosciuto nella nostra azione e nei nostri valori. Ma evidenzia anche come la nostra Associazione, in un momento difficile per il Paese, sia stata un punto fermo in uno scenario caratterizzato da incertezza e paura per il futuro. Certo, il quadro di riferimento è profondamente mutato e anche Confindustria, a livello di rappresentanza e servizi, deve fare i conti con un panorama più frastagliato e complesso. Il perimetro della nostra identità non è definito come in passato quindi la vera sfida è trovare un punto di caduta tra interessi spesso molto diversi tra loro. Il futuro va verso un modello di business integrato e noi, dal nostro interno, possiamo anticipare e favorire questo cambiamento. Oggi Confindustria non si occupa più solo di ambiti e problematiche strettamente connessi all'attività industriale e sindacale, ma esprime una vision molto più ampia che ha un impatto complessivo sullo sviluppo economico, sociale e culturale del Paese.
Confindustria supporta l'innovazione tra i suoi associati, ma al suo interno come sta innovando?
Posso dirle che la nostra organizzazione, periodicamente, fa una sorta di “tagliando”. Anzi, parlerei di un Sistema in costante evoluzione. Dal 1970 abbiamo fatto tre riforme molto importanti e diversi riassetti organizzativi. Si tratta di passaggi molto significativi per un’organizzazione così ramificata tra territorio e categorie. La nostra ultima riforma, operativa da giugno 2014, porta la firma di Carlo Pesenti e sta rendendo Confindustria dinamica, attraverso una governance più snella. Inoltre, molti processi di aggregazione sono già stati completati e tanti altri sono quasi al traguardo, con un impatto forte in termini di efficienza, ma anche di costi. Inoltre, abbiamo semplificato molte delle nostre formule organizzative e questo potrebbe essere di stimolo e di esempio per le autonomie locali, nei loro processi di riorganizzazione. In ultima analisi, è completamente cambiato l'approccio delle regole della rappresentanza: ci siamo dotati di un Codice etico che è un po’ il custode dei nostri valori identitari.
Qual è il rapporto tra Confindustria e le associazioni di settore all’interno del sistema associativo? E qual è il loro contributo in Confindustria?
La nostra Organizzazione interagisce con tutte le realtà associative. Con le Associazioni di settore il confronto è costante e anche molto stimolante visti i diversi ambiti in cui operano. Parlerei di una corrispondenza biunivoca: le Associazioni, attraverso il loro know how specifico e la prossimità con i loro associati, ci informano costantemente sulle criticità e sulle istanze del loro settore. Una formidabile spinta propositiva a cui noi cerchiamo di rispondere concretamente sia dal nostro interno con l’impegno dei nostri tecnici, sia attraverso un’azione costante su Governo e Parlamento.
Dopo quasi cinque anni alla direzione di Confindustria, le chiedo una misura di cui è particolarmente orgogliosa e una invece che è in cima alle sue priorità per i prossimi anni…
Gliene dico due: sicuramente la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro, insieme alla detassazione dei premi di produttività e del welfare aziendale, e il Piano Industria 4.0. Si tratta di risultati che hanno avuto e stanno avendo ricadute positive su tutto il sistema imprenditoriale italiano, ma anche sull’intera collettività, visto l’effetto positivo sull’occupazione e sull’innovazione. Certo, molto resta da fare, scontiamo un gap molto importante rispetto ai nostri competitors europei in termini di imposizione fiscale sia sul lavoro che in valore assoluto. Comunque si è trattato di un passo importante anche per il suo valore simbolico: dopo tanti anni abbiamo visto un segnale di attenzione verso le imprese in un Paese in cui il clima anti-industriale è inspiegabilmente ancora forte. Anzi, approfitto di questa sede per ribadire che la madre delle nostre battaglie è quella di riportare l’industria al centro del programma di Governo. L’Esecutivo sembra sia sulla nostra lunghezza d’onda, speriamo che le pulsioni elettorali non spingano la politica a prendere una direzione diversa. Intanto, dopo l’Assemblea generale di fine maggio, presenteremo la nostra agenda di medio termine con tre grandi obiettivi: rilancio della crescita per ridurre le disuguaglianze, inclusione dei giovani e riduzione del debito pubblico attraverso un’attenta spending review e la dismissione del patrimonio immobiliare.
Cosa serve per attrarre in Italia più investimenti, imprese e cervelli?
Gli investimenti vengono indirizzati in quelle aree del mondo dove c’è un ambiente favorevole all’attività d’impresa, un sistema fiscale certo e conveniente, una Pubblica Amministrazione e un sistema giudiziario efficienti, un quadro politico stabile e un capitale umano di valore. Per attrarre gli studenti internazionali, pensiamo di sviluppare un nuovo brand: il 'Made and Educated in Italy', quindi promuovere la bellezza di quello che si fa in Italia e che si può imparare facendo in Italia. Va proprio in questa direzione la “Strategia per la promozione all’estero della formazione superiore italiana”, un protocollo d’intesa tra istituzioni, Università e imprese, promosso dal Ministero degli Affari Esteri e fortemente sostenuto da Confindustria. E’ una piattaforma che offre strumenti operativi per contribuire ad attrarre cervelli. L'Italia ha Università eccellenti che devono ancora liberare tutto il loro potenziale e, collaborando con le imprese, possono diventare tra le migliori al mondo.
Un tema importante oggi è quello della formazione: in questo senso, quali iniziative state portando avanti? Penso ad eventuali progetti di collaborazione con le Università…
Ci muoviamo essenzialmente lungo due direttrici, una indirizzata alle persone, l’altra rivolta alle Istituzioni. Per chi ha già un impiego, rendiamo disponibili, attraverso i fondi interprofessionali, piani formativi per circa 400 milioni di euro ogni anno. Con le istituzioni lavoriamo invece per migliorare le partnership scuola-impresa. Crediamo molto nell’alternanza scuola-lavoro obbligatoria, una grande opportunità sia per gli studenti che per le imprese. Ai giovani spieghiamo che una formazione che integri lo studio con il lavoro può valorizzare il loro know-how e offrire maggiori opportunità di trovare un’occupazione. Peraltro, l’esperienza diretta in azienda potrebbe anche essere una strada per cambiare la percezione negativa della fabbrica che purtroppo è ancora ben radicata in Italia. È stato questo l’obiettivo del PMI day, una giornata in cui abbiamo aperto le fabbriche per far vedere da vicino ai ragazzi, agli amministratori di enti locali e agli organi d’informazione, il funzionamento di una realtà produttiva. Siamo ormai alla settima edizione ma, vista la risposta molto positiva, è un’esperienza che pensiamo di ripetere. Sempre a livello di scuola secondaria, vogliamo potenziare gli Istituti Tecnici Superiori, che garantiscono un alto tasso di occupabilità essendo co-progettati e co-gestiti con le imprese. Quanto ai progetti con le Università, oltre a quello più orientato agli stranieri di cui le parlavo prima, c’è il progetto PhD ITalents che l’anno scorso ha inserito 136 dottori di ricerca in imprese innovative.
Se domani potesse chiedere al Governo di varare due misure quali sarebbero? Risponda non da direttore generale di Confindustria, ma da manager di un'azienda italiana con circa 200 dipendenti…
Penso a due interventi di diversa natura. Da una parte credo che sia fondamentale proseguire nell'azione intrapresa dal Governo per ridurre il costo del lavoro. Tuttavia, poiché la coperta è corta è necessario operare delle scelte e individuare alcuni ambiti precisi su cui intervenire. Penso all’azzeramento del cuneo fiscale per i giovani, un grande progetto di inclusione che guarda al futuro del Paese. Dall'altra parte, più che una misura specifica, vorrei che il Governo continuasse a mettere in campo un ventaglio di interventi orientati all'accesso al credito e ai mercati finanziari e dei capitali e, al tempo stesso, a favorire lo sviluppo di fonti finanziare alternative al credito bancario. Questo permetterebbe alle imprese di pianificare i propri investimenti sul medio-lungo periodo e, soprattutto, di fare quel salto dimensionale che è condizione necessaria per crescere sui mercati internazionali.
Parliamo di Europa: in passato ha lavorato per Confindustria presso la Commissione Europea a Bruxelles, che cosa si porta dietro da quell'esperienza?
Una grande capacità di visione a tutto campo da un osservatorio privilegiato. È da Bruxelles che nascono le proposte e le soluzioni per l’armonizzazione economico – finanziaria, politica e sociale dei 27 Stati Membri. Inoltre, è lì che si impara sul campo a trovare il punto di caduta tra istanze molto diverse tra loro. Ho un bellissimo ricordo del periodo passato in Commissione, che, seppur breve, ha contribuito in maniera determinate alla mia formazione. Proprio per questo, oggi offriamo alle risorse più promettenti la possibilità di fare un’esperienza di 6 mesi presso le istituzioni europee nel loro percorso di formazione e crescita.
Lei ha lavorato anche per la segreteria tecnica ed è stata consigliere economico del Ministro della Giustizia, Paola Severino: che esperienza è stata per lei?
Si è trattato di un passaggio molto positivo e impegnativo, che mi ha arricchito sia a livello professionale che umano, poiché ho avuto la fortuna di lavorare con una persona straordinaria e con una squadra molto preparata e affiatata. Era una fase critica per il Paese e viverla all’interno di un Ministero così importante, mi ha permesso di sviluppare una visione strategica più ampia e una capacità di problem solving che in altri contesti forse avrei faticato di più a maturare.
Qual è la situazione oggi in Italia rispetto ai programmi aziendali di welfare e cosa si potrebbe fare per farli crescere e diffondere?
Non è facile rispondere. Il fenomeno è complesso e non sempre viene descritto correttamente. Direi che è un cantiere aperto. I programmi di welfare aziendale, peraltro, si aggiungono a quanto è già stato costruito con la contrattazione collettiva nazionale di categoria. Quasi ovunque ci sono forme di previdenza complementare e, in diversi ambiti, operano fondi per l’assistenza sanitaria integrativa. Oggi trovano spazio a livello aziendale piani di “flexible benefits”, che le misure di incentivo fiscale hanno certamente favorito. I numeri già evidenziano l’efficacia di questo strumento che, tuttavia, avrà il suo punto di svolta nel momento in cui si inizierà a considerare il welfare non solo come convenienza economica, ma come attenzione alle persone dentro i luoghi di lavoro.
Marcella Panucci è nata a Vibo Valentia nel 1971, è coniugata e ha due figlie. Si è laureata in Giurisprudenza con lode nel 1994 presso l'Università Luiss Guido Carli. Nel 1999 ha perfezionato gli studi allo University College of London nell'ambito del programma di ricerca “The Role of Economics in EC Competition Law”. Nel 2004 ha conseguito il Dottorato di ricerca in “Disciplina della libertà della concorrenza” presso l'Università di Perugia. La sua carriera professionale in Confindustria inizia nel 1995 e prosegue fino al 2011, intervallata da un'esperienza presso la Commissione europea a Bruxelles nella Direzione Generale Concorrenza. Nominata nel 2001 dirigente nell'Area Finanza e Diritto d'Impresa, dal 2005 al 2008 è Direttore del Nucleo Affari Legali e Diritto d'impresa e diventa, nel 2009, direttore dell'Area Affari Legislativi. Ha rappresentato Confindustria in molte sedi istituzionali a livello nazionale e internazionale, partecipando a Comitati e Commissioni istituiti, tra gli altri, dai Ministeri della PA e della Semplificazione, dell'Economia e delle Finanze, della Giustizia, da Borsa Italiana, dall'OCSE e da Business Europe. Da novembre 2011 a luglio 2012 è stata Capo della Segreteria tecnica e Consigliere economico del Ministro della Giustizia, Paola Severino, dove ha svolto attività istituzionali e legislative, anche presso organismi europei e internazionali (Consiglio UE, New York Stock Exchange, FMI, Banca Mondiale). Dal 9 luglio 2012 è direttore generale di Confindustria.
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